Fondazione Provinciale della Comunità Comasca

Scuole Aperte: luoghi della partecipazione

Noi oggi stiamo vivendo la crisi del nostro modello di sviluppo il che ci impone di riscoprire strade nuove se non vogliamo rimanere impantanati in una situazione di malessere permanente. E’ questo il punto di partenza dell’analisi che Gianluca Cantisani e Giovanni Del Bene hanno svolto ieri a Milano in un incontro dal titolo: Scuole Aperte luoghi della partecipazione che si è tenuto a Milano nell’ambito del corso su: Cittadinanza attiva per la gestione innovativa dei beni comuni.


Le scuole rappresentano infatti un enorme patrimonio edilizio che viene utilizzato solo parzialmente e che invece, con il coinvolgimento dei cittadini, è possibile valorizzare per il bene comune. Tale valorizzazione può avvenire sia attraverso attività che integrino e arricchiscano l’offerta formativa a favore degli studenti, sia utilizzando tali spazi nelle ore serali per altre iniziative di pubblica utilità che coinvolgano l’intera comunità.
Perché questa valorizzazione avvenga è però necessario che da un lato i cittadini, in primis i genitori, ma non solo loro, siano disponibili a prendersi le proprie responsabilità e a dotarsi di una struttura giuridica che permetta loro di operare formalmente e, dall’altro, che le istituzioni siano disponibili a dar vita con tali realtà a delle convenzioni, ossia dei patti e non delle concessioni, che permettano effettivamente di utilizzare per finalità di utilità comune gli edifici scolastici che non vengono valorizzati per mancanza delle risorse, soprattutto umane, necessarie a tal fine.
Operativamente, per i genitori che vogliono integrare l’offerta formativa a favore dei propri figli, si tratta di:
  1. creare un ente formalmente riconosciuto, di norma un’associazione,
  2. elaborare un progetto che possa essere inserito nel piano d’offerta formativa della scuola;
  3. ottenere il coinvolgimento di organizzazioni del privato sociale per realizzare concretamente le singole attività;
  4. sperimentare le iniziative proposte con l’obiettivo di valutarne l’impatto al fine di decidere se e come procedere nel futuro.
Sono ormai numerose le esperienze in Italia che dimostrano come ciò non solo sia possibile, ma anche in grado di innescare meccanismi che, oltre ad essere solidali e sussidiari, sono anche sostenibili da un punto di vista economico, in quanto, grazie alla valorizzazione delle risorse e delle energie presenti nella comunità, è possibile realizzare con limitati investimenti monetari, iniziative di alto impatto, in grado di trasformare realtà degradate in centri d’eccellenza.

Benefici fiscali

Donando alla Fondazione di comunità il donatore, che sia una persona fisica oppure giuridica, può godere dei massimi benefici fiscali previsti dalla legge. Inoltre la Fondazione tutela il donatore da qualunque possibile contestazione.

Quali sono i benefici fiscali previsti dalla legge italiana?

Una persona fisica può scegliere se:

  • detrarre dall’imposta lorda il 30% dell’importo donato, fino ad un massimo complessivo annuale pari a 30.000 euro (art. 83, comma 1 del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117)
  • dedurre dal reddito le donazioni, per un importo non superiore al 10% del reddito complessivo dichiarato (art. 83, comma 2 del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117)

Un’impresa può:

  • dedurre dal reddito le donazioni per un importo non superiore al 10% del reddito complessivo dichiarato (art. 83, comma 2 del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117)